Uzzanesi Illustri

Data di pubblicazione:
08 Novembre 2013
Uzzanesi Illustri

SANT'ALLUCIO DI CAMPUGLIANO

Allucio nacque a Campugliano, antica località uzzanese al confine con Pescia, attorno al 1070, figlio dell'allevatore di bovini Omodeo. Si ritiene che già il padre si dedicasse all'accoglienza presso la sua casa dei viandanti della vicina strada Firenze-Lucca, l'antica via Cassia-Clodia, ma fu Allucio che fondò un vero e proprio spedale con chiesa dedicata ai santi Luca ed Ercolano. Le cronache del tempo raccontano che egli si seppe contornare di molti collaboratori, attratti dal suo carisma e dalla sua fede semplice ma salda, fondando una congregazione laicale d'assistenza, i fratres Allucii. L'attività di Allucio, sempre più incoraggiata dai pievani di Pescia e dallo stesso vescovo di Lucca, si estese ben oltre Campugliano e la stessa Valdinievole, giungendo sino in pianura padana. Secondo la leggenda devozionale, grazie alla sua autorità, fu sospesa una guerra tra le città di Faenza e Ravenna. Allucio fu uomo d'azione ma anche un grande adoratore dell'Eucarestia. Spesso, soprattutto in Quaresima, egli compiva digiuni penitenziali. Sempre secondo la tradizione agiografica, la fama gli attirò numerosi pellegrini e sarebbe stato protagonista di miracoli, attribuiti alla sua intercessione. Allucio morì il 23 ottobre 1134. Le sue spoglie furono sepolte dai confratelli all'interno della chiesa dei santi Luca ed Ercolano di Campugliano. Il 23 ottobre 1182, preso atto della grande devozione popolare, il vescovo di Lucca lo proclamò santo. Nel 1344, il presule lucchese Guglielmo Dulcini ordinò al frate domenicano Paolo Lapi una ricognizione delle ossa di Allucio, che furono disseppellite dalla fossa in cui erano state collocate due secoli prima e deposte in un'urna di pietra, poi sistemata sull'altare maggiore della chiesa di Campugliano. Al momento, l'ospedale faceva parte della "commenda dei Cavalieri Gerosolimitani" di Pisa, che l'avevano rilevato dai fratres Allucii, ormai ridotti ai minimi termini. In seguito, entrerà a far parte della commenda fiorentina, per poi divenire dei Cavalieri di Malta, che lo mantennero sino al 1791. In quell'anno, a seguito delle soppressioni operate dal granduca di Toscana Pietro Leopoldo a spese degli ordini regolari e cavallereschi, l'antico ospizio di Sant'Allucio, peraltro non più utilizzato per gli scopi per cui era stato fondato, fu chiuso e la struttura venduta a privati. Il vescovo di Pescia Francesco Vincenti, perciò, si premurò di rimuovere le spoglie di Allucio dalla ex chiesa di Campugliano e portarle in Episcopio, al fine di trovare loro una collocazione più consona. Ci fu una lunga disputa tra i fedeli della neonata parrocchia di Santa Lucia di Uzzano, nel cui territorio insisteva l'ex spedale, che rivendicavano il diritto di custodire le ossa nella propria chiesa, e i canonici della cattedrale di Pescia, che volevano la sistemazione delle spoglie in duomo. Prevalsero i secondi e, infatti, le ossa, contenute in una nuova urna, furono sistemate nella cappella della Vergine del Rosario. Nel 1934, in occasione del 800° anniversario dalla morte di Allucio, il vescovo di Pescia Angelo Simonetti fece realizzare una nuova cappella in cattedrale dedicata al Santo, per meglio esporre alla venerazione dei fedeli la sacra urna. In quell'occasione, l'antica località di Campugliano, divenuta Botteghino di Uzzano, cambiò nome e divenne Sant'Allucio di Uzzano. Nel 2000, infine, la Congregazione per il Culto divino e le Cause dei Santi, su impulso del vescovo di Pescia Giovanni De Vivo, ha proclamato sant'Allucio patrono secondario della diocesi di Pescia, al fianco della patrona principale, la Beata Vergine della Fontenova di Monsummano. A Sant'Allucio stata intitolata la piazza vicina alle Scuole medie di Uzzano.

FRANCESCO FORTI

Francesco Forti nacque a Pescia il 10 novembre 1806 da Anton Cosimo, rampollo di una delle famiglie più antiche e nobili della città di Pescia, e da Serine "Sara" Simonde de Sismondi, sorella dell'illustre scrittore ed economista ginevrino Jean Charles Leonard Simonde de Sismondi. Ebbe una fanciullezza senza slanci, predestinato dalle consuetudini familiari ad intraprendere gli studi giuridici per i quali, tuttavia, mostrava spiccata attitudine. Giovinetto, fu avviato alle scuole presso il Seminario vescovile di Pescia. Il fratello Pietro, che studiava con lui, avrebbe scelto la strada del sacerdozio e dal 1847 al 1854 sarebbe stato Vescovo di Pescia. Terminati gli studi in Seminario, fu mandato in collegio dai Padri Scolopi di Firenze, dove frequentò un biennio di retorica, matematica, filosofia. L'esperienza fiorentina fu assai importante, perchè lo mise per la prima volta a contatto con il fecondo ambiente culturale dell'allora capitale toscana. Soprattutto, potè apprezzare la grandezza dello zio Sismondi, con il quale, per disposizioni paterne, non aveva mai potuto avviare un'assidua frequentazione (il padre, aristocratico di provincia piuttosto bigotto, non voleva che il figlio fosse influenzato negativamente dallo zio protestante e di idee politiche liberali). Nel 1822, s'iscrisse all'Università di Pisa, ove nel 1826 conseguì la laurea in Diritto criminale e canonico. Il padre lo voleva avvocato, ma egli disubbidì trasferendosi a Firenze e iniziando a collaborare alla rivista culturale L'Antologia. Si avvicinò al Gabinetto Viesseux e divenne amico, oltre che dello stesso Giovan Pietro Vieusseux, di Pietro Giordani, Gino Capponi e altri liberali fiorentini. Conobbe Giacomo Leopardi, durante i suoi viaggi in Toscana, e strinse un'intensa amicizia con il poeta conterraneo Giuseppe Giusti, di poco più giovane di lui. Nel 1832, lasciò l'attività giornalistica per intraprendere la carriera di magistrato. Il 9 ottobre di quell'anno fu nominato Secondo Sostituto dell'Avvocato generale fiscale presso la Ruota criminale di Firenze. La Ruota aveva il compito di discutere le cause di diritto criminale di tutto il Granducato. Tuttavia, non rimase troppo soddisfatto del nuovo incarico, che gli sottraeva tempo all'attività di scrittore di cose giuridiche. Nell'ottobre 1837, ottenne la nomina a sesto Auditore del Magistrato Supremo, un tribunale che si occupava di cause non criminali per Firenze e podesterie limitrofe. In questo periodo, allacciò un proficuo rapporto di amicizia con il giovane avvocato pesciatino, provetto uomo politico, Leopoldo Galeotti, che alla sua morte provvederà a pubblicare molti dei suoi scritti. Morì a Firenze il 23 febbraio 1838. Con lui si estinse la famiglia Forti, che tanto aveva inciso nella vita culturale e politica di Pescia, poichè gli altri suoi fratelli maschi erano morti prematuramente e il fratello Pietro, sacerdote e poi vescovo, non avrebbe potuto assicurare una discendenza. E' sepolto nella cappella della Villa Il Riposo a Sant'Allucio, nel comune di Uzzano, dimora di campagna del suo casato. In realtà non è certo affermare che con la morte di Francesco si estinse la famiglia Forti. Infatti nell'Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano del 1922 la famiglia venne iscritta in persona dei discendenti di ben 4 rami. Possibilmente ad estinguersi fu solo quello a cui apparteneva il celebre magistrato. A Francesco Forti è intitolata una strada nel borgo di Uzzano Castello.

DIONISIO ANZILOTTI

Dionisio Anzilotti nacque a Pescia il 20 febbraio 1867 da Giuliano e Isolina Allegretti. Compì gli studi universitari presso la facoltà di legge dell'Università di Pisa, dove si laureò nel 1890 con una tesi in diritto privato internazionale. Iniziò la carriera come giudice alla Corte d'appello di Firenze. Nella stessa città, dal 1892 al 1902, insegnò "Diritto civile e privato internazionale" al Regio Istituto di Scienze Sociali "Cesare Alfieri". Ottenuta la libera docenza in "Diritto internazionale" all'università statale, lasciò Firenze per le Università di Palermo prima (1902 - 1903), e di Bologna poi (1904 - 1911). Ottenne la nomina di professore ordinario nel 1906, e nel 1911 fu assegnato alla cattedra di "Diritto internazionale" dell'Università di Roma, dove rimase fino al suo ritiro nel 1937. Nel 1906, assieme ad Arturo Ricci Busatti e Leone Adolfo Senigallia, fondò la "Rivista di Diritto Internazionale", che pubblicò e promosse attivamente per circa venti anni. Fu membro del Consiglio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, fino alla sua riforma, e consigliere del ministro o membro di consigli temporanei in molte occasioni (casi "Carthage", "Manouba" e "Tavignano") nel 1912-13 presso la Corte permanente di arbitrato. Nel 1919 fu consigliere legale e delegato tecnico del governo italiano alla Conferenza di pace di Parigi. Dal 1916 fu sottosegretario generale della Società delle Nazioni e in tale veste partecipò nel 1920 ai lavori preparatori dello statuto della Corte permanente di Giustizia internazionale. Il 14 settembre 1921, fu giudice presso tale Corte e ne tenne la presidenzara il 1928 e il 1930; nel 1930 fu rieletto per un secondo mandato di nove anni. Nel caso del Vapore Wimbledon passò alla storia della Corte come l'unico giudice ad aver votato contro un ricorso presentato dallo Stato che l'aveva designato come componente del collegio giurisdizionale. Fu membro internazionale dell'Accademia dei Lincei nel campo delle scienze morali (dal 1926) e socio della Reale Accademia d'Italia dal 1929. Fu inoltre membro associato dell' Institut de droit international dal 1908, e ottenne la piena affiliazione nel 1921, mentre tra il 1932 e il 1934 fu il primo vicepresidente dello stesso "Istitute". Fece ancora parte di molte altre istituzioni culturali in Italia e all'estero, come l'Accademia dei Georgofili, l'Accademia delle Scienze di Bologna, l'Istituto americano di diritto internazionale, l' Académie de droit comparé, il Comitato consultivo per le conferenze di diritto privato internazionale e l'Accademia delle scienze di Utrecht. Scrisse la sua ultima fatica accademica nel 1932 con un lavoro sui limiti della giurisdizione italiana nei confronti delle compagnie straniere. Al termine delle sue attività scientifiche e diplomatiche, Anzilotti si ritirò presso la Villa del Castellaccio, sulla collina di Uzzano, che aveva acquistato nel 1926, assieme ai circostanti, ubertosi vigneti dai conti Orsi-Bertolini. Qui, si dedicò alla produzione e commercializzazione del vino ("Bianco di Valdinievole"). Durante la Seconda guerra mondiale, egli aprì le porte della sua villa a molti rifugiati e alle brigate partigiane operanti nella zona. Morì al Castellaccio il 23 agosto 1950. Riposa nella Cappella del cimitero di Uzzano Castello. A Dionisio Anzilotti è intitolata una strada nella frazione di Sant'Allucio.

ALESSANDRO BARDELLI

Alessandro Bardelli nacque a Uzzano nel 1583. Operò prevalentemente in Valdinievole e nelle zone limitrofe per una committenza privata ed ecclesiastica. Coevo dei toscani Ludovico Cardi detto "il Cigoli" e di Francesco Curradi, da loro trasse ispirazione pur elaborando un suo stile personale e abbastanza originale. Innocenzo Ansaldi, autore di un trattato sugli artisti della Valdinievole, tramanda che la sua morte avvenne a Bologna nel 1633 «per cagioni amorose». Per il resto, non molto ci è pervenuto sulla sua esistenza. Ad Alessandro Bardelli sono intitolati la strada principale e il Circolo ricreativo di Uzzano Castello, quest'ultimo fondato alla metà del XIX secolo con un piccolo teatro e una biblioteca circolante. Queste le opere che sono state sicuramente attribuite ad Alessandro Bardelli dagli storici dell'arte:

• Crocifissione con i Santi Antonio e Paolo - Chiesa di Sant'Antonio abate, Pescia.

• Battesimo di Cristo - Cattedrale di Santa Maria Assunta, Pescia.

• San Benedetto e San Michele - chiesa di San Michele in Borgo, Pescia.

• Tobiolo che ridona la vista al padre - chiesa dei Santi Stefano e Niccolao, Pescia.

• Ornamento all'immagine della Madonna del Rosario - chiesa di San Jacopo, Altopascio (LU).

• Santi Nazzario, Antonio, Stefano, Filippo - Santuario della Madonna delle Querci, Fucecchio (FI)

• Assunzione della Vergine - chiesa di Santa Marta, Buggiano.

• Cristo con Sant'Antonio abate - chiesa di San Pietro Apostolo, Buggiano.

• San Francesco che riceve le stimmate - chiesa dei Santi Jacopo e Martino, Uzzano.

• San Girolamo - chiesa dei Santi Jacopo e Martino, Uzzano.

• San Apollonia e Santa Margherita di Scozia - Oratorio della Madonna del Canale, Uzzano.

• Ornamento all'immagine della Madonna del Canale - Oratorio della Madonna del Canale, Uzzano.

• Incoronazione della Vergine e due santi - Chiesa di Santa Maria della Neve (Chiesina Uzzanese)

PADRE LUCIANO FULVI

Padre Luciano Fulvi nacque a Uzzano il 15 maggio 1928 da Fulvio e Dina Franchi, contadini mezzadri nella proprietà Di Grazia in località "Villa del Vescovo", al confine con il comune di Pescia. Durante la seconda guerra mondiale la sua casa fu bombardata, per cui la famiglia dovette arrangiarsi in sistemazioni di fortuna. Luciano fu ospitato dall'allora arciprete di Uzzano, don Gino Giuntoli, che era stato segretario del vescovo e cappellano militare nella prima guerra mondiale: sul suo esempio Luciano decise di diventare sacerdote. L'8 dicembre 1941, Padre Fulvi entrò dunque in seminario a Pescia e si interessò subito alle missioni, grazie alle animazioni missionarie di un comboniano della Casa di Carraia, di Capannori (LU). Il 5 ottobre 1946, fece ingresso nel noviziato comboniano di Firenze e il 9 settembre 1948 emise i voti temporanei e, in seguito, fu mandato a Rebbio (presso Como) a terminare gli studi liceali. L'anno dopo, passò a Trento come assistente dei seminaristi comboniani, studiando contemporaneamente la teologia presso il seminario diocesano. Il 30 maggio 1953, fu ordinato sacerdote a Milano dal cardinale Ildefonso Schuster. Nel giugno celebrò la prima messa nell'arcipretura dei Santi Jacopo e Martino di Uzzano. Padre Fulvi fu inviato in Inghilterra per prepararsi alla missione in Uganda, dov'era stato destinato, studiando l'inglese, collaborando nel contempo alla formazione dei seminaristi comboniani inglesi di Stillington. Nel dicembre 1956, dopo un breve rientro in famiglia, partì per l'Uganda, dove fu destinato alla missione di Nyapea, nella diocesi di Arua, come insegnante d'inglese e di religione. Nel 1964, dopo otto anni di missione, fece ritorno in Inghilterra, per ristabilirsi dalla malaria contratta in Uganda, e dal 1965 al 1974 fu padre spirituale e poi formatore del seminario minore di Mirfield, quindi divenne promotore vocazionale e superiore ad Ardrossan, nel 1980 animatore vocazionale e superiore a Glascow nel 1982 superiore locale a Mirfield e nel 1985 promotore vocazionale a Glascow. Nel 1990 fece ritorno in Uganda come promotore vocazionale a Ombacì, fino al 1995. Contemporaneamente, fu cappellano dell'Ombaci College, fondato dai comboniani. Non contento, si fece animatore del "Movimento studentesco cristiano" della diocesi di Arua. Nel 1996, nonostante i problemi di salute (impianto di cinque by-pass, accettò d'essere inviato a Kampala, per riprendere il lavoro di promotore vocazionale e qui entrò nella Direzione nazionale della "Gioventù cristiana". L'anno successivo, fu colpito da infarto e messo momentaneamente a riposo. Nel 1998, divenne cappellano della facoltà di Economia di Kampala e in diverse scuole superiori. Nel 2002 fu nominato superiore della comunità di Layibi, cappellano del Layibi College e del Centro vocazionale intitolato a Daniele Comboni, nonchè assistente della pastorale giovanile diocesana di Gulu. Nel 2003, Padre Fulvi fece ritorno in Italia, per festeggiare i 50 anni di sacerdozio con i propri cari, celebrando messa a Uzzano e a Ponte Buggianese (parrocchia di Albinatico). Nel settembre, ritornò in Uganda a Layibi. La sera del 30 marzo 2004 avvenne la tragedia. Alcuni disperati fecero ingresso nella stanza di Padre Fulvi, dentro la missione di Layibi, lo sorpresero alle spalle mentre si stava coricando e lo sgozzarono barbaramente. La notizia del tragico assassinio di Padre Fulvi, subito proclamato martire comboniano fece il giro del mondo La Diocesi di Pescia, dove Padre Fulvi era nato e aveva sviluppato la sua vocazione, cadde in un generale sgomento. Celebrazioni spontanee di cordoglio si svolsero a Ponte Buggianese e Albinatico. Nella Cattedrale di Pescia, il Vescovo Mons. Giovanni De Vivo celebrò un solenne pontificale, cui presero parte l'Amministrazione comunale e le associazioni di volontariato della città del fiore e del vicino Uzzano, paese natale del martire. I funerali di Padre Fulvi, cui presero parte circa tremila persone, furono celebrati a Layibi, dove le sue spoglie riposano. Una targa è stata posta al cimitero di Uzzano, presso la tomba dei suoi genitori. Nel primo anniversario del martirio di Padre Fulvi, in Valdinievole ebbero luogo due significative manifestazioni. A Uzzano, Padre Fulvi fu ricordato con una solenne celebrazione del Vescovo di Pescia Giovanni De Vivo presso l'Arcipretura dei S. s. Jacopo e Martino, cui seguì la commemorazione civile al Palazzo del Capitano, presenti l'Amministrazione comunale, rappresentanze della Regione Toscana e rappresentanti dei Missionari Comboniani. In quell'occasione, fu presentata una biografia di Padre Fulvi, scritta dal comboniano veronese Lorenzo Gaiga, dal titolo "Con la missione nel cuore".

UMBERTO NATALI E AMINA NUGET

Umberto Natali (Pescia, 5 agosto 1900 - Uzzano 1° aprile 1977) e Amina Nuget (Pescia, 25 maggio 1907 - Uzzano, 5 gennaio 2006) sono stati due coniugi insigniti del solenne riconoscimento di Giusto tra le Nazioni da parte della fondazione Yad Vashem dello stato d'Israele, per aver salvato tre bambine ebree dalla deportazione. Era l'autunno-inverno 1943 quando Fortunato e Ester Della Riccia, ebrei, dovettero lasciare Firenze e rifugiarsi presso la loro tenuta di campagna a Pescia, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Delle tre figlie, Miriam, la più grande, rimase con i genitori, mentre le due più piccole, Lea e Michal, furono nascoste al collegio Don Bosco di Montecatini e protette dalle suore. Umberto Natali, fattore della famiglia Della Riccia, procurò i viveri sia a Fortunato ed Ester con Miriam, che a Lea e Michal, per tutto il tempo che dovettero rimanere nascosti. Quando poi la famiglia Della Riccia fu denunciata alla Gestapo e il 20 aprile 1944 i soldati catturarono il padre e la madre, le tre ragazze furono accolte da Umberto Natali e dalla moglie Amina, nascoste e accudite come proprie figlie fino a che esse non poterono raggiungere una zia a Lucca, dove rimasero fino alla fine della guerra. Umberto Natali continuò a recarsi a Lucca per portare da mangiare alle ragazze, che non avevano le tessere annonarie.A distanza di anni, le tre sorelle Della Riccia non dimenticarono mai i loro salvatori Umberto e Amina Natali e si attivarono affinchè fosse riconosciuta ufficialmente la loro eroicità. Il caso, fra i tanti, fu analizzato dalla fondazione Yad Vashem, che il 26 novembre 2003 decise d'insignire i coniugi Natali del titolo di Giusti tra le Nazioni e di apporre i loro nomi sui muri del Giardino dedicato alla Memoria dell'Olocausto, a Gerusalemme. La solenne cerimonia di attribuzione del titolo fu tenuta nel 2004 presso il Comune di Uzzano, dove i coniugi Natali si erano trasferiti da tempo, alla presenza della sola Amina, essendo il marito Umberto morto alcuni anni prima. Amina, invece, ha lasciato i suoi cari all'inizio del 2006. L'11 maggio 2008, è stato intitolato ad Amina Nuget il nuovo Centro polivalente del Comune di Uzzano.

IACOPO BARDELLI

Iacopo Bardelli, condottiero vissuto tra XVI e XVII secolo, fu Capitano di Carlo Emanuele I il Grande, duca di Savoia.

VINCENZO SALVONI

Vincenzo Salvoni, frate minore conventuale vissuto nel XVII secolo. Studiò nel Convento di S. Francesco a Pescia, quindi a S. Croce di Firenze, dove raggiunse il rango di maestro. Nel 1630, conseguì la laurea dottorale in Sacra Teologia a Firenze, per mano del cardinale Carlo de' Medici. Reggente a Pisa, poi a Firenze e, infine, professore all'Università di Pisa, fu un poeta elegante e apprezzato. Morì nel Convento di S. Francesco a Pescia, nel 1650. A Padre Salvoni è intitolato un vicolo nel borgo di Uzzano Castello.

PIER FRANCESCO BARSANTI

Pier Vincenzo Barsanti, frate domenicano vissuto nel XVIII secolo. Entrò nell'ordine giovanissimo, studiando al Convento di S. Domenico a Fiesole. Apprezzato dai superiori e anche dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, fu uno scrittore prolifico. La sua opera più famosa è la "Vita di Fra' Girolamo Savonarola", pubblicata nel 1780 a Livorno. Morì nel Convento di S. Marco a Firenze. A Padre Barsanti è intitolata la strada che da Piazza Umberto I sale fino alla Scala santa e, poi, alla Chiesa dei S.s. Jacopo e Martino a Uzzano Castello.

Ultimo aggiornamento

Giovedi 01 Febbraio 2024